Chi sono gli italiani che scelgono di far studiare a casa i loro figli
Vi riporto il testo integrale della mia breve intervista
Elisa 39 anni
Madre di Margherita, 11 anni; Camilla, 10
anni; Mariangela, 9 anni; Giovanni, 8
anni; Tommaso, 5 anni.
VICE: Da dove nasce la decisione dell'Homeschooling?
Elisa: È venuta naturalmente, mano a mano che i bambini
crescevano. Io sono un'educatrice, lavoravo nella scuola materna prima della
gravidanza e mi è sempre venuto spontaneo intrattenere i bambini con giochi e
attività. Poi vedendo i miei figli crescere, è cresciuta la curiosità di
imparare cose sempre più adatte alla loro età, quindi leggere e scrivere è
venuto naturale come insegnare loro a camminare o andare in bici.
Se aggiungiamo i problemi in generale con la scuola, e
il fatto che due brevi scolarizzazioni ci hanno lasciati molto
insoddisfatti, a maggior ragione l'educazione parentale ci sembrava la scelta
più adatta.
A livello burocratico come vi siete mossi?
All'inizio dell'anno scolastico è necessario dare
comunicazione alla scuola del territorio di voler realizzare l'educazione
parentale, e noi personalmente ci siamo sempre avvalsi della possibilità di far
fare l'esame a fine anno, un po' per mantenere buoni rapporti con le
istituzioni un po' perché è successo che una bambina abbia avuto voglia di tentare
di andare a scuola. Se ogni anno il loro percorso viene riconosciuto, e ciò
avviene tramite un'esame che si sostiene a giugno, non c'è alcun problema
nell'inserimento.
Come è stata l'esperienza con la scuola
tradizionale di sua figlia e come la ha presa?
Al secondo semestre della quinta elementare aveva
voglia semplicemente di provare ad andare a scuola. Si sentiva diversa dai
coetanei e ha espresso il desiderio di cominciare. Alla fine dell'anno
scolastico ha però scelto di tornare a casa, in quanto ha capito che
a scuola imparava le stesse cose che imparava a casa ma in tempi molto più
lunghi. Per quanto riguarda me, ho accolto in modo totalmente
tranquillo la sua richiesta. L'homeschooling non deve assolutamente essere
un'imposizione.
Per quanto riguarda il programma, come si organizza?
Fino a che erano piccoli mi sono basata sui loro
interessi e sulle le loro curiosità. Siamo sempre partiti
dall'osservazione diretta: le stagioni, gli animali della fattoria, adesso che
due delle mie figlie studiano le regioni, per esempio, cuciniamo piatti tipici.
Ora la ragazzina più grande è in seconda media, cresce la complessità delle
cose e siamo più vincolati ai programmi ministeriali, quindi studiamo ciò che
c'è da studiare ma prediligendo i loro interessi. Soprattutto, cerchiamo di
legare quanto più possibile l'apprendimento all'esperienza diretta.
La mia figlia più grande ama leggere, legge
moltissimo e a 11 anni ha scritto un romanzo e sta scrivendo il secondo, cose che non avrebbe
mai potuto fare se avesse avuto tempi scolastici. Mio figlio di otto anni
e mia figlia di 9 disegnano fumetti. Non sono dei geni, ma sviluppano le
loro passioni, il percorso di apprendimento viene individualizzato.
I ruoli di mamma e maestra sono distinti?
Non sono distinti, anche il mio è un imparare assieme
a loro, mettermi al loro fianco, quindi non sono la mamma che si mette in
cattedra. Non è necessario dare voti nè fare verifiche: parliamo insieme,
l'apprendimento può essere anche la chiacchierata a tavola, guardare insieme il
telegiornale, parlare di un fatto di attualità che ci ha colpito.
Non ha paura che crescano con qualche carenza sul lato della
socializzazione?
È l'obiezione che ci fanno tutti, ed è uno
degli obiettivi che ci poniamo come principali. Con i coetanei hanno altre
occasioni per socializzare, quali catechismo, parco, sport,
l'oratorio—attività che per gli altri sono extra scolastiche e che per noi
fanno parte del loro percorso di apprendimento. I miei figli frequentano altri
bambini e non hanno problemi da questo punto di vista. In più, socializzano
bene con persone di tutte le età: non essendo abituati a essere incanalati sul
binario delle varie età, per loro non c'è alcuna differenza nel relazionarsi
alla persona di 80 anni o al bambino di due.
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