In questi giorni d'Avvento, tra un dettato, un disegno, una decorazione e l'altra, stiamo leggendo diversi brani a tema natalizio. Tra questi, ne abbiamo scelti alcuni su cui lavorare e riflettere in particolare. I primi due sono più "classici", forse un po' datati (li abbiamo trovati su un vecchio libro di lettura della nonna), ma particolarmente ricchi di buoni sentimenti.
Gli ultimi sono più moderni, tratti da libri di lettura o guide didattiche attualmente in adozione. Però, in ognuno di essi, si può trovare un insegnamento morale, un riferimento al concetto di Carità cristiana o all'umiltà, oltre che al Presepe, a Babbo Natale o ai lati più esteriori del Natale.
Su ogni brano, Margherita (classe III), sta rispondendo ad alcune domande sul significato o l'insegnamento morale in esso contenuto, colorando o facendo il disegno o esercitandosi a livello sintattico-grammaticale.
I fratelli più piccoli ascoltano con attenzione, pongono domande e, liberamente, disegnano...
Il suo canto fu il più bello
La notte era fredda fredda e gli uccellini
tremavano sui rami coperti di neve.
C’era un uccellino che non poteva dormire. I suoi
fratellini erano andati via, verso paesi più caldi. Soltanto lui era rimasto,
perché era troppo piccino e le ali non lo reggevano.
Ora aveva freddo e paura.
Sentì il suono delle campane e vide una stella nel
cielo.
Allora l’uccellino seguì la luce di quella stella
che si era posata sopra una capanna.
Nella capanna c’era un Bambino, nato da poco.
L’asino e il bue lo riscaldavano col loro fiato.
Il Bambino vide l’uccellino e sorrise.
Allora l’uccellino si sentì così felice che si
mise a cantare. Fu un canto molto soave e gentile.
Quell’uccellino era l’usignolo e da allora cantò
sempre di notte e il suo canto fu il più bello.
Nulla per me
La Vigilia di Natale, il Signore chiamò un Angelo
e gli disse: “Tutti i bambini hanno fatto il presepe. Và sulla
Terra a vedere qual è il più bello.
L’Angelo spiccò il volo. Entrò in molte case.
Tutti parevano belli. Finalmente entrò in un palazzo di marmo. Nel mezzo di un
salone dorato c’era un presepe immenso.
“Questo è molto bello” pensò l’Angelo.
Lì vicino vide un ragazzo ben vestito che pregava
così: “Gesù, portami la bicicletta, ma non devi regalare niente al mio
cuginetto”.
L’Angelo aggrottò la fronte e volò via in fretta.
L’ultima casa che doveva vedere era molto povera.
Là dentro c’era un piccolo presepe preparato sul tavolo di cucina. La capanna
era fatta col cartone, le stelle con la stagnola, la neve con la farina.
Un bimbo era inginocchiato davanti al piccolo Gesù
e pregava così: “Non chiedo nulla per me. Porta tanta felicità al mio babbo e
alla mia mamma”.
“Ecco il presepe più bello che ho visto in questa
notte” pensò l’Angelo. E volò in fretta verso il cielo per dirlo al Signore.
(Piera Antico)
Il
Natale dei folletti
Molto tempo fa, nelle
campagne d’Islanda, c'era una ricca fattoria che apparteneva ad una vedova dal
cuore duro ed a sua figlia, perfida e brutta.
In casa loro non
mancava nulla, la dispensa era ben fornita e gli armadi erano pieni di lana ben
tessuta, perciò le due donne mangiavano bene e vestivano meglio. Ai loro servi,
invece, toccavano croste di pane, stracci e parole cattive, perché madre e
figlia erano avare e cattive come nessun altro, tanto che non si lasciavano
scappare l’occasione di fare un dispetto o di dare un dispiacere a chi non
poteva difendersi.
Ce l'avevano
soprattutto con una delle loro serve, Helga, che era la ragazza più graziosa
della fattoria. Qualunque cosa facesse trovavano il modo di rimproverarla e
punirla e quando arrivò la vigilia di Natale, decisero di lasciarla a casa,
mentre loro e gli altri servitori sarebbero andati alla messa di mezzanotte e
poi a veglia da certi vicini.
Ma Helga, che era
buona e paziente, non protestò e non pianse; sbrigò in silenzio le sue faccende
e poi sedette accanto al fuoco, a cucire e a pensare.
Dopo un po' entrò
in cucina una bimbetta dall'aria triste ed affamata con un scodellina in mano,
che le chiese: “Mi daresti un pezzetto di carne con una goccia di sugo, per
amore del Natale che arriva?”.
"Povera
piccola, tu non lo sai, ma in questa casa i mendicanti sono trattati peggio dei
cani e non c'é niente per loro!" disse Helga alla bambina. Ella però la
guardò con occhi così disperati che Helga non seppe resistere e le mise nella
scodella una bella fetta d'arrosto dicendo: "Dirò alla padrona che sono
stata io a mangiarlo, tanto di botte ne prendo ogni giorno e qualcuna in più non
la sentirò nemmeno!"
La piccola
scappò via tutta contenta ed Helga, che guardava dalla finestra, si accorse che
i suoi piedini non lasciavano impronte sulla neve.
Poco dopo la
ragazza la vide tornare insieme ad una folla di piccole creature, che in un
attimo invasero la cucina e si sedettero ovunque, sulle credenze, sul
pavimento, sulle travi del soffitto e sui davanzali delle finestre. Più ne
entravano, più ne arrivavano, finchè la stanza fu così piena che quasi non ci
si poteva muovere. Poi gli strani ospiti cominciarono a divertirsi con scherzi
e giochi d'ogni genere, senza badare ad Helga che continuava a cucire facendo
finta di nulla.
Ormai l'aveva
capito, quella era la festa di Natale dei folletti, una festa che pochi uomini
al mondo hanno visto, e che pochissimi hanno potuto raccontare.
Venne l'ora di
mungere le bestie e la ragazza si alzò dal suo sgabello, ma non riusciva a
raggiungere la porta per via della gran folla, e già qualcuno le tirava la
gonna, e qualcun altro le trecce, quando si fece avanti una donnina che, con
voce acuta, ordinò agli altri di far spazio ad Helga e di lasciarla passare.
Subito i folletti
obbedirono e la servetta poté andare nella stalla, dove incominciò a riempire i
secchi di latte. Ad un certo punto si sentì salutare e, voltandosi, si trovò
accanto la donnina che sorridendo disse:" Ti ringrazio per aver dato un
boccone di carne alla mia bambina e grazie anche per non aver fatto caso a noi
di là in cucina; ci piacciono tanto le case degli uomini e il bel caldo del
fuoco, ma la gente ha la cattiva abitudine di cacciarci via battendo le mani se
appena ci azzardiamo a mettere il naso dentro. Siccome hai fatto un favore a me
ed un altro a tutti noi, eccoti un regalo che ti verrà utile, perché andrai
sposa prima di quanto non pensi".
Poi la
donnina le diede un gran rotolo di stoffa e se ne tornò alla festa che continuò
fino all'alba. Solo allora i folletti se ne andarono, lasciando Helga seduta
accanto al camino ad ammirare i bellissimi vestiti e la cintura d'oro che aveva
avuto in dono. Quando la gente della fattoria tornò, Helga si mise a raccontare
tutto l'accaduto e le padrone avrebbero voluto prendersi quei meravigliosi
abiti, dicendole che erano troppo eleganti per una povera serva come era lei.
Helga, invece, se li tenne ben stretti e fece bene, perché dopo qualche mese un
ricco contadino se la sposò così com'era, senza dote né terra e lei poté andare
all'altare vestita meglio di una regina.
L'anno dopo, la
figlia della vedova avara, ricordando la fortuna di Helga, volle restare sola a
casa la vigilia di Natale per vedere se i folletti avrebbero regalato qualcosa
anche a lei. Appena gli altri furono usciti, ecco arrivare la bimbetta scalza
con la scodella in mano che le chiese: “Un pezzetto di carne e una goccia di
sugo, padrona, per festeggiare il Natale!”.
"Vattene via
brutta stracciona! Chi mi dice che la tua casa non sia più ricca della
mia?" disse la perfida ragazza e diede alla piccola un gran colpo sul
braccio, facendole cadere a terra la scodella, che si ruppe in mille pezzi. La
piccola bambina corse via piangendo e la cattiva ragazza nemmeno si accorse che
i suoi piedini non lasciavano tracce sulla neve fresca. Cosa successe dopo non
si é mai saputo, ma quando la madre e i servi tornarono a casa trovarono che
tutto, in cucina, era stato rovesciato, fracassato e sparso in giro. Quanto
alla ragazza, giaceva in terra con i vestiti strappati, i capelli legati in
cento nodi e la pelle segnata da lividi di mille pizzicotti, segno che non si
era per niente divertita quella notte, alla festa dei folletti.
(Francesca Lazzarato)
Mariangela |
Profumo di muschio
Era la Vigilia di Natale.
Era la Vigilia di Natale.
Nevicava molto forte quando la bambina uscì
silenziosamente dalla porta del giardino.
Si coprì il capo con il cappuccio, corse al
cancello, l’aprì piano e si buttò giù per la discesa. Alle sue spalle la casa ,
ancora con le finestre chiuse, dormiva.
Nessuno l’aveva vista né sentita uscire.
“Devo tornare prima che la nonna si svegli” pensò
la bambina.
In fondo alla discesa si diresse verso un
boschetto e scomparve.
Riapparve poco dopo con un sacchetto di tela bianca
rigonfio. Dal campanile vennero otto rintocchi.
“Sono stata via solo mezz’ora” pensò.
La casa, però, non dormiva più. Le finestre erano
aperte.
La bambina rientrò di nuovo dalla porta
secondaria.
Più tardi, nella mattina, la nonna aprì la grande
scatola che conteneva le statuine del presepio.
“Come ti ho raccontato altre volte” diceva proprio
mentre disponeva i pastori sul tavolo “quando ero bambina il presepe aveva un
profumo… un profumo…”
“Un profumo verde?” mormorò Giulia.
“Sì, cara. Era il profumo del muschio fresco. Un
profumo che che non sento da tanto tempo, ma che non posso dimenticare…”
Mentre la nonna cercava le pecorelle con la testa
nello scatolone, Giulia prese il sacchetto di tela bianca e ne tolse
velocemente il contenuto.
“Che strano!” disse la nonna girandosi. “Il
ricordo mi riporta quel profumo, come se… “ e disteso in terra in tutto il suo
splendore vide il muschio.
Si avvicinò e rimase ferma ad aspirarne il sottile
profumo.
“Sei stata tu, Giulia?” disse volgendo gli occhi
lucidi sulla nipotina.
“Sì, sono andata a prenderlo questa mattina!”
“Dove?”
“Là dove andavi tu quando eri bambina”
La nonna guardò fuori.
“Anche allora nevicava”, disse.
Giulia le si avvicinò e l’abbracciò stretta.
“E’ il mio regalo di Natale!” mormorò.
Fresco e leggero, un po’ misterioso, come venuto
da lontano, il profumo verde del muschio aleggiava nella stanza.
(Roberta Grazzani)
Lo schiaccianoci
Era la Vigilia di Natale.
Dalla finestra della
loro camera, Maria e Fritz guardavano la neve che scendeva dal cielo. Fuori,
tutto era diventato candido e meraviglioso. Da un ramo che sfiorava la loro
finestra, un pettirosso li guardava come per dire: “Fame! Freddo! Brrrr!”.
Come sempre la Vigilia di Natale, ai bambini era
stato ordinato di non uscire dalla loro camera durante i preparativi in corso
nella sala grande. Ma Maria e Fritz, orecchie alla parete, non si perdevano
alcuno dei rumori che da là provenivano.
“Senti? È arrivato l’albero di Natale! Senti? Lo
stanno trascinando vicino alla finestra! Sentii? Stanno aprendo la cassapanca
degli addobbi!”.
Era scesa la sera. Maria e Fritz non potevano
ancora vedere l’albero meraviglioso che luccicava vicino alla finestra della
sala grande, ma chi abitava nella casa di fronte alla loro lo stava già guardando
incantato. E dalla strada, anche il passante più frettoloso non poteva fare a
meno di alzare lo sguardo verso quella
finestra illuminata. E dal suo ramo, il pettirosso, in prima fila, era quella che meglio di tutti poteva godersi
lo spettacolo.
Ma ecco finalmente i dodici rintocchi della
mezzanotte: al dodicesimo, la porta dei bambini si spalancò. Oh, com’era bello l’albero
di Natale! Nonostante gli addobbi, aveva mantenuto la magia nei veri alberi nei
veri boschi. Ai suoi piedi i doni spuntavano come da un tappeto di muschio. Impossibile,
cari bambini, elencarli tutti. Maria e Fritz saltellavano di felicità dall’uno
all’altro.
Intanto erano cominciate le danze. Maria, un poco
stanca, si acciambellò sulla seggiola a dondolo, ma prima si chinò sotto l’albero
a prendere, tra tanti, il giocattolo preferito.
Era un soldatino di legno dalla testa tonda. Portava
un mantellino rosso come il cuore, due stivaletti lustri come una notte di luna
e aveva due file di affilatissimi, candidi denti. Ma cosa stringeva tra quei
denti. Ma cosa stringeva tra quei denti affilati? Una piccola noce spezzata:
capito, bambini? Era un soldatino schiaccianoci! Ma uno schiaccianoci strano,
speciale.
Fritz, da vero scatenato fratello, lo strappò
dalle braccia di Maria e, in men che non si dica, gli spezzò i due dentini
centrali!
Lo Schiaccianoci,
ferito, guardò Maria con gli occhi imploranti.
Com’era spaventato, povero Schiaccianoci.
Maria lo cullò tra le sue braccia e cullandolo si
addormentò.
Babbo Natale e Pirati Pepati
Babbo Natale e Pirati Pepati
Era la Vigilia di Natale. Il Capitano Tempesta e i
Pirati Pepati stavano andando al Polo Nord, dove viveva Babbo natale.
“Non è giusto!” dissero Truffa e Arraffa. “Babbo
Natale non ci porta mai un regalo!”.
“Perché siamo pirati” disse Cicca, il cuoco.
“Bene, ascoltatemi” disse il Capitano Tempesta. “Lo
rapiremo stanotte. E poi lui dovrà
riempire le nostre calze!”.
I Pirati Pepati ormeggiarono la loro nave. Chiamata
Mucchio d’Ossa, dietro un iceberg. Volevano attirare lì Babbo Natale, con un
trucco. Truffa e Arraffa lasciarono cadere alcune carote sulla neve.
Poi Cicca cucinò dei fagottini di mele e li gettò
sul ponte della nave. Il Capitano Tempesta guardava con il suo cannocchiale.
Vide Babbo Natale sulla slitta trainata dalle renne, pronto a partire. “Andiamo!”
gridò Babbo Natale. Ma le renne avevano visto le carote. Così seguirono la
pista, mangiucchiando felicemente. Il piano dei pirati stava funzionando!
Quando la slitta arrivò alla nave, Babbo natale
sentì un profumino di fagottini di mele.
“Mmm!” fece Babbo Natale.
“Preso!” urlò il Capitano Tempesta afferrandolo.
“Vogliamo i regali!” dissero Truffa e Arraffa.
“Non li meritate” disse Babbo Natale “Siete stati
cattivi”.
Per fortuna il pescatore Samuele ed il suo gatto
Gualtiero stavano passando da quelle parti con il loro peschereccio Sottosopra,
mentre tornavano a casa.
“Lasciate andare Babbo Natale immediatamente!”
ordinò Samuele.
I pirati si scusarono e promisero di essere buoni.
Poi Cicca, il cuoco, offrì a Babbo Natale un
piatto di fagottini di mele.
“Deliziosi!” disse Babbo Natale “Ora devo andare”.
Ma più tardi, durante la notte, mentre i pirati
dormivano, Babbo Natale tornò indietro e riempì le loro calze. Dopo tutto
avevano promesso che sarebbero stati buoni, no?
Quando la mattina dopo Samuele si svegliò, trovò
un sacco di regali con un bigliettino di ringraziamento di Babbo Natale.
E c’era anche un bel pesce grosso per il gatto
Gualtiero!
(George Adams)
Giovanni |
Giovanni |
Margherita |
Camilla |
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