Ecco qui una leggenda appena inventata da Margherita su un posto splendido visitato durante la nostra ultima vacanza in Trentino.
Si tratta del canyon del Bletterbach, una profondissima gola naturale, un percorso geologico che fa tuffare nel cuore delle Dolomiti e che, da diversi anni, è stato dichiarato "patrimonio naturale dell'umanità" dall'UNESCO.
Durante il nostro percorso, la fatica ha, lì per lì, un po' offuscato la meraviglia per i luoghi.
Il ricordo che ne serbiamo, però, è tanto vivido da aver ispirato, qualche settimana dopo, questo racconto.
Invento una
leggenda
Iris e il Bletterbach
C’era una volta, tanto, tanto tempo fa, un piccolo
villaggio.
Quel villaggio non era un villaggio qualsiasi, era
un villaggio abitato da tanti, minuscoli Minignoli.
Ovviamente nessuno di voi saprà cosa siano i Minignoli,
perché al giorno d’oggi sono diventati così rari e timidi che se ne vivono
nascosti ben benino nelle cavità degli alberi in boschi sconosciuti o in grotte
nelle montagne più ripide.
I Minignoli sono creature uguali in tutto e per
tutto agli esseri umani, con la sola differenza dell’altezza: anche i più alti
e possenti non superano mai i 15 centimetri, nemmeno se sono adulti.
Per il resto hanno solitamente capelli biondi e
sottili, occhi grandi e chiari, corporature muscolose e longilinee, mani agili
e veloci nei lavori manuali e un udito eccellente.
Ora che vi ho presentato i Minignoli, continuiamo
con la nostra storia: c’era una volta, nei pressi della Val di Fiemme, una
comunità di Minignoli.
Essendo anche a quei tempi molto, ma molto timidi
e timorosi nei confronti degli umani, avevano fondato il loro paese dentro una
montagna allora sconosciuta agli uomini: si chiamava Bletterbach.
Il loro era un paese segreto, nascosto alla vista
degli uomini, per entrarci bisognava trovare l’esatto punto in cui nord, sud,
est e ovest si incontravano, il punto in cui battevano il primo e l’ultimo
raggio di Sole.
Spingendo in quel punto la parete rocciosa apriva
un varco perfettamente rotondo, entrandoci si percorrevano una cinquantina di
metri di totale oscurità e si arrivava finalmente al loro paese: una grande
vallata verde e rigogliosa, circondata da un impetuoso ruscello dalle acque
fresche e limpide; quello era il Regno di Val Prospero.
Lì le case erano alte una trentina di centimetri,
costruite con assi di legno sottili come stuzzicadenti, con porte minuscole e
fiori di pochi millimetri.
Al centro del regno c‘era un castello che, seppur
fosse la costruzione più alta di tutte in quel villaggio, non superava il metro
d’altezza, con le sue pareti di legno, i mosaici di pietre e i fiori bianchi, rosa
e rossi ai balconi era davvero un curioso insieme di semplicità ed eleganza.
Nel castello vivevano un re molto
saggio che passava le giornate a leggere libri grattandosi il folto barbone
bianco, una regina pallidissima di natura che passava le giornate a tessere e
filare e una dolce principessina di nome Iris.
Iris aveva tredici anni, con i
lunghissimi capelli dorati, gli occhi azzurri, i fiori fra i capelli e gli
abiti tipici montanari era anche molto graziosa.
Passava le giornate fra gli animaletti del bosco: (naturalmente
grandi in proporzione alle persone che li curavano), ghiri, scoiattoli, volpi,
gufi, civette, aquile, falchi, camosci, caprioli, stambecchi, cervi, tassi,
lucertoline, farfalle e tanti altri.
Come abbiamo già detto, Iris era
molto bella e un giorno, al castello, si presentò un gigante, un certo
Factimus, ch era riuscito ad aprire la montagna e a penetrare nel villaggio.
Naturalmente la cosa aveva
causato lo scalpore e la paura generale, ma il gigante aveva un’aria così
rassicurante e sembrava avesse così a cuore le vite dei suoi piccoli
amici, che presto la gente si chetò e
cominciò a bombardarlo di domande: com’era essere così alti? Com’era la valle
fuori di lì? Come aveva fatto a scoprire il segreto della porta nella montagna?
C’erano altri Giganti come lui fuori di lì? Oppure vivevano lì con loro
nascosti da qualche parte? C’erano altri Minignoli lì nella valle?
Ma il gigante non volle saperne
di rispondere alla benché minima domanda: voleva raggiungere il castello a ogni
costo e fu proprio lì che si diresse, senza degnare nemmeno della minima
attenzione i poveri Minignoli assetati di risposte.
Giunto al palazzo pregò (con
finta cortesia) il re di uscire perché essendo alto circa una ventina di metri,
non poteva certo entrare in una costruzione alta un metro!
Una volta che fu uscito il re e
se lo fu sistemato ben bene sul palmo della mano, cominciò il suo discorso:
“Sublime Maestà, ho compiuto un lungo viaggio fin dalla Val di Fassa per
parlarvi, mi sono sforzato non poco per trovare la giusta combinazione e aprire
il portone segreto e potete immaginare la mia fatica nel passare attraverso un
tunnel alto e stretto attraverso una montagna, ho fatto questo solo e
unicamente per una cosa, quindi voglio arrivare subito al punto: ho sentito
molto parlare della straordinaria bellezza di vostra figlia Iris e quindi,
naturalmente con il vostro assoluto consenso, voglio chiedervi se sarete così
gentile da darmi vostra figlia in sposa.”
Disse questo tutto d’un fiato e
così velocemente che il re temette per un attimo di non aver capito bene,
quando però ricompose le parole del Gigante, le sue guance si tinsero di
porpora e, quando riuscì a pronunciare queste parole, la sua voce fremeva di
profonda indignazione e una remota nota di rabbia si intravedeva dalle dure ma
cordiali parole che rivolse al Gigante: “Gentilissimo signor Factimus, sono
molto lieto che abbiate chiesto il mio consenso per avere la mano di mia figlia
Iris, ma la risposta è no. Iris è ancora una bambina, un fiore delicato che ho
il dovere di proteggere e preservare, ma se anche fosse in età da marito, la mia risposta sarebbe comunque
no. Non posso permettere che mia figlia, la mia unica bambina, sposi un uomo
che nemmeno conosco, per di più un Gigante che me la porterebbe lontano. Inoltre,
quando Iris avrà dei figli, essi saranno i miei eredi e ciò aiuterebbe la
sopravvivenza della nostra specie, ormai rarissima. Oltre all’altezza, eccetera...
ci sono altri innumerevoli motivi per cui non potete sposare mia figlia. Grazie
lo stesso.”
Quando ebbe finito di dire ciò,
tirò un profondo sospiro di sollievo e le sue guance ripreso il normale,
pallido colorito, poi rivolse uno sguardo a Factimus.
Ora il Gigante era rosso di
rabbia, sprizzava furore da tutti i pori e con voce minacciosa tuonò: “Anche se
non acconsentite al nostro matrimonio, giuro che l’avrò lo stesso! Iris sarà
mia a tutti i costi!” poi si avvolse nel suo mantello nero e sparì.
Il re pensò che bastasse cambiare
codice segreto e costruire una robusta palizzata intorno alla valle, ma non
aveva fatto i conti con la malvagia forza di Factimus, malefico stregone che
aveva fatto potentissimi incantesimi in tutta la Val di Fassa.
Infatti, una notte, mentre i
colombi tubavano e i lupi ululavano, una luce verdastra si diffuse per tutto il
villaggio e Factimus apparve in tutto il suo malvagio splendore, con gli occhi
che parevano tizzoni ardenti e i capelli neri che ondeggiavano nel vento gelido
di marzo.
Ad un tratto lanciò un fischio
che lacerò l’aria come una spada, a quel segnale un paio di spiriti maligni si
materializzarono dal nulla e avanzarono verso la camera della bella Iris,
sollevandola dal suo giaciglio e scortandola fino al Gigante, che l’afferrò,
tenendola stretta in pugno.
Per fortuna, quando aprirono la
finestra per rapirla, essa cigolò e il rumore svegliò il re, che subito diede
l’allarme.
Tutti i Minignoli si svegliarono
di soprassalto, presero ognuno due secchi d’acqua e li versarono ai piedi del
Gigante che, colto di sorpresa, scivolò e cadde, lasciando la presa su Iris,
che piangeva disperata implorando pietà.
Subito il re la prese e la portò
lontano, dietro un gigantesca sporgenza di roccia nascosta dietro il castello.
Factimus era furibondo, piegò le
labbra in un ghigno furioso, digrignando i denti e urlando di collera.
Poi si eresse in tutta la sua
portentosa altezza e allungò un braccio altrettanto lungo verso il cielo
plumbeo e livido di nuvole.
Infilando l’enorme manona dentro
una nuvola più grande e nera delle altre, ne estrasse un fulmine di luce blu accecante,
che baluginava e si dimenava nella spietata mano del Gigante.
Con un urlo straziante, Factimus
lo scagliò con violenza verso i poveri omini che però, avendo capito in
precedenza l’intenzione del folle Gigante erano già scappati fuori attraverso
il tunnel.
Detto ciò, la saetta non si
scagliò sui Minignoli, ma sulla montagna, che si spaccò a metà, sgretolando il
suo roccioso interno.
Il Gigante, troppo grosso per
passare attraverso il “taglio”, rimase intrappolato lì e morì.
Ancora oggi il Bletterbach porta
questa spaccatura e al suo interno si può ammirare una meravigliosa cascata,
residuo delle lacrime raggruppate della piccola principessina spaventata.
Il Bletterbach è stato inoltre
nominato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, essendo il canyon più profondo
delle Dolomiti.
Complimenti a questa bimba, che sempre lascia ammirati per quanto è brava! Tutto il racconto è molto ben costruito e mi piace tanto in particolare la scena del fulmine. Cara gentilissima Elly, approfitto per ringraziarti nuovamente qui, visto che non mi hai voluto lasciare ultima...
RispondiEliminaCiao, a presto!
Marialuisa
wowww Margherita bravissima!!!
RispondiEliminaIo fin da bambina amo quel posto, anche se devo dire che a me sembrava piú bello quando era ancora lasciato in modo piú "selvaggio", da diversi anni é stato tutto messo "a posto" per essere piú accessibile e ricordo ancora quando ero piccola quella sensazione di vera avventura ogni volta che si scendeva nel canyon... :)
Che meraviglia, hai proprio ripreso a scrivere benissimo, complimenti!!!!!!!!!!
RispondiEliminaGrazie mille a tutte!!!
RispondiElimina